Sentieri e pensieri

4 minuti

Mi piace molto fare lunghe passeggiate nella natura. Ogni giorno, di mattina o di pomeriggio – dipende da quando gli impegni me lo permettono – indosso maglia e pantaloni da battaglia, un paio di scarpe da trail comode e con la suola robusta e mi incammino verso le colline, accompagnato dallo sguardo e dal pensiero – e solo da quelli! – della mia compagna, che non condivide affatto questa mia passione per la “lunga marcia del forzato”, come la chiama lei.

Raramente mi prefiggo una meta fissa: so di avere un’autonomia di circa 3 ore, più o meno 20 km camminando a passo molto svelto, e scelgo il percorso che più m’ispira. Uscito di casa e dal paese, in pochi minuti abbandono l’asfalto. Imbocco uno dei sentieri che attraversano o delimitano boschi, campi e vigne, e inizio a camminare verso il rilassamento della mente e del corpo.

Per la precisione, la mente si rilassa prima del corpo, perché almeno tre dei miei percorsi preferiti iniziano dopo una salita lunga oltre un chilometro. Non è particolarmente ripida, intendiamoci, ma come primo tratto da affrontare appena usciti di casa, magari nel freddo di una mattina invernale o nell’aria calda e ferma dell’estate, si fa sentire nelle gambe e nei polmoni. L’età (la mia) è quella che è, c’è poco da fare.

Però ne vale la pena. Arrivati in cima, un piccolo spiazzo ai margini della strada invita a riempirsi gli occhi del fenomenale spettacolo di Montalcino, dritto davanti a me, dall’altro lato della valle che ci separa. Se si passa di qui al tramonto, il cielo e le nuvole sono un trionfo di tonalità di giallo, d’arancio e di rosso che fanno benedire ogni passo della salita appena affrontata.

Poi si riparte.

Tratti sterrati o fangosi si alternano a distese d’erba o di terra, e i passi sono sorprendentemente leggeri, perché l’aria pura, l’assenza di rumori e lo scenario agreste liberano la testa da ogni pensiero, e mi fanno sentire lieve di piede e di mente.

Gli spazi tra gli alberi diventano finestre aperte su monti lontani, su campi ben tenuti, su borghi e paesi. L’olfatto si bea dell’odore dell’erba, o della terra bagnata, o di quello dolciastro e inconfondibile del mosto proveniente dalle cantine. Si bea un po’ meno quando si passa accanto a qualche campo concimato di fresco, ma la natura ha i suoi cicli…

Camminare per questi luoghi incontaminati apre la mente a pensieri, soluzioni, intuizioni, ragionamenti che ben difficilmente concepirei nel chiuso di un ufficio o tra i palazzi di una città. Dev’essere una questione di spazio.

Quando sono in giro a camminare ho un monte di spazio libero intorno a me, e la mente si allarga, si espande, come un fiume che invade ogni spazio e pertugio, li esplora fino a trovare sbocchi inattesi e sorprendenti.

Il cielo sopra di me e all’orizzonte cambia incessantemente con l’instancabile andirivieni delle nuvole, che preferisco di gran lunga ai monotoni teli azzurri che si srotolano sulla mia testa nelle giornate terse e serene.

Il cielo nuvoloso, con un alito di vento, è un agitato mare multicolore, percorso da onde che disegnano e ridisegnano forme e profili sempre diversi. In quel rimescolamento, a volte lento, altre vorticoso, fantasia e immaginazione ingranano la quarta, stimolando anche la parte razionale del cervello.

La testa lavora a mille, gli occhi son pieni di meraviglia, i piedi non sentono la fatica. È solo quando mi trovo sulla via del ritorno, a due o tre chilometri da casa, che il corpo accusa la stanchezza. Allora mi accorgo che ho camminato per tre ore e spiccioli, con il freddo o sotto il sole, con la pioggia o con il vento, arrampicandomi su per più di qualche collina e sottovalutando dei falsipiani ascendenti che da lontano sembrano molto più pianeggianti di quanto non siano realmente.

“Tutte calorie bruciate” dico tra me e me, pensando a tutto quello che potrò mangiare senza sensi di colpa.

Tornato a casa, vengo accolto dal benevolo sorriso della mia compagna, che senza avvicinarsi tanto mi chiede com’è andata, e aggiunge che puzzo “come un caprone”.

Non posso darle torto.

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