Cinque sensi non bastano

2 minuti

Per prima c’è la vista. È lei che ti colma di bellezza l’anima con il susseguirsi di panorami maestosi nel loro splendore. Cipressi e paesi, poderi che paion dipinti in cima alle colline e strade bianche di polvere che separano i campi dai campi e segnano la via verso la prossima meraviglia.

C’è l’udito, che ti trasmette il sussurro della brezza e il ruggito del vento, lo sbatter d’ali degli uccelli che lasciano gli alberi e si lanciano in voli improvvisi e imprevedibili. E le foglie che vibrano nell’aria, il pestare dei nostri passi sulla ghiaia dei sentieri, sull’erba e sul fango umido, il continuo frinire di grilli e cicale, il rombo lontano del tuono che ci dice che laggiù, dove il cielo è nero, piove.

E poi c’è il suono del vino – rosso, di quel rosso così intenso e così cangiante contro la luce – che abbandona la bottiglia per riversarsi nel calice, in attesa di stupire il palato. Quel gorgogliare gioioso preannuncia un momento speciale, che va centellinato, goduto, ripetuto.

Abbiate l’accortezza di spegnere lo smartphone, almeno per qualche minuto. Non lasciate che una telefonata, un messaggio, una notifica, vi disturbino. Il resto del mondo può attendere.

Il tatto ci fa sentire il suolo sotto i piedi, il legno dei cipressi inconfondibili e degli ulivi secolari che ci guardano dai lati delle strade e in cima ai poggi. Il tatto ci fa sentire il freddo vento invernale e le fresche brezze estive che ci accompagnano lungo le lunghe, lunghissime passeggiate che ci regaliamo ogni volta che possiamo. Il tatto ci comunica la fragranza del pane e del ciaccino, quasi ce ne anticipa il sapore.

L’olfatto… L’odore ancestrale dell’erba bagnata, della pioggia che nutre la terra, e il profumo dolciastro che promana dalle cantine, dopo la vendemmia, e i fiori e le siepi che riempiono l’aria di essenze che il più abile dei profumieri non riuscirà mai a riprodurre.

E i mille aromi provenienti dalle cucine dei ristoranti, delle osterie, delle case…

Il gusto… Come posso riuscire a descrivere che sapore ha un sorso di Brunello o di Rosso di Montalcino bevuto sotto il cielo della Val d’Orcia, lungo il belvedere di Pienza, o in piazza a San Quirico d’Orcia o a Montalcino, o in quella superlativa e mai troppo celebrata terrazza naturale che è Sant’Angelo in Colle…?

Faccio un grave torto a citare solo qualcuno dei mille luoghi dove bere gli impareggiabili vini di queste terre, che maestri vignaioli affinano anno dopo anno.

Faccio un grave torto anche a non soffermarmi sulla pasta con i sughi antichi, sulle carni saporitissime, sugli affettati leggendari, ma vi prometto che tornerò sull’argomento.

Cinque sensi non bastano, perché solo con l’anima possiamo sentire davvero l’incomparabile bellezza di questa terra e dei cieli che la incorniciano.


Lascia un commento